Porsche ingaggia hacker per assegnargli un compito speciale | Nell’era digitale anche i più grandi alzano bandiera bianca
Quello che ha fatto Porsche ha davvero dell’incredibile. Di questi tempi l’unica sembra affidarsi all’astuzia degli hacker, vediamo perché.
Nessuno si aspettava che un gigante come Porsche avrebbe mai dovuto assoldare degli hacker per tirarsi fuori da una situazione da cui non ne viene a capo. Eppure anche uno dei più storici costruttori di supercar al mondo si è dovuto arrendere.
L’evoluzione dell’era digitale ha portato immense sfide alle case automobilistiche. Oggi metà del loro lavoro è programmare software in grado di far funzionare auto sempre più complesse e digitali.
In gioco la posta è enorme. Si tratta di imporsi su un mercato che guarda più alle evoluzioni tecnologiche e al software che governa ormai tutte le funzioni dell’auto, a partire dalla più piccola lucina per finire al motore.
Auto hackerate
Ormai si sa che tutto è comandato elettronicamente da un cervellone centrale, tanto che le auto di nuova generazione sono diventate in questo senso anche piuttosto esposte all’attacco di hacker. Questi pirati informatici potrebbero di punto in bianco non solo prendere il controllo dell’auto intera – comandando aperture, chiusure e funzioni di sterzo e frenata – ma anche sottrarre dati di importanza cruciale che riguardano il veicolo e il conducente.
Tempo fa era a tal proposito sorta una polemica sull’utilizzo delle auto di nuova generazione provenienti dalla Cina. Qualcuno avrebbe ipotizzato che, siccome la produzione dei veicoli fosse indirettamente in mano al governo di Pechino, questo avrebbe potuto rubare informazioni rilevanti una volta che i veicoli fossero entrati in possesso dei loro nuovi proprietari europei. Ma su questo ovviamente possiamo solo fare ipotesi che non verranno mai confermate né smentite.
Perché Porsche starebbe assoldando degli hacker
Detto questo torniamo a bomba su Porsche. Perché mai starebbe ingaggiando degli hacker? A cosa gli serve il lavoro di questi pirati informatici? A rispondere ci pensa direttamente Mattias Ulbrich, CEO di Porsche Digital. “Qualità e sicurezza fanno parte del DNA di Porsche. Attribuiamo grande importanza alla sicurezza dei nostri servizi digitali”. Motivo per cui l’azienda sta implementando quello che chiama programma ‘bug bounty’ basato sulla creatività e sull’intelligenza collettiva della comunità globale della sicurezza.
Quello a cui sono chiamati questi hacker è tentare in tutti modi di penetrare nei sistemi di sicurezza digitale e segnalare ogni vulnerabilità riscontrata. Più ne trovano, più ricompensa finanziaria riceveranno. L’obiettivo per Porsche è garantire la protezione dei dati di clienti, dipendenti e aziende che interagiscono con il costruttore.